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Il giorno 29 aprile 2010 su quasi tutti i giornali è uscita la notizia di un egiziano che picchia selvaggiamente e stupra la moglie italiana perché non indossa il velo islamico ed infine gli rapisce il figlio di due anni attirandola con un inganno al Cairo e poi facendola sequestrare da due suoi fratelli, la costringe a reimbarcarsi per l’Italia. Qui la istiga a suicidarsi perché tanto non gli restituirà il bambino e se sarà costretto a farlo glielo restituirà morto. Questo dopo essersi sottratto per due anni al mantenimento ed averla più volte sottoposta a violenze sessuali.

Queste non sono le bugie più gravi perché provenendo da una donna arrabbiata col convivente possono persino essere comprese, anche se, per queste bugie il ragazzo è stato arrestato e rischia 10 anni di carcere.

La bugia più grossa e più grave per la fonte che la racconta proviene invece dalle forze di polizia in una conferenza stampa perchè rivendicano il successo di un’operazione mai compiuta: quella di aver ricondotto a casa di concerto con autorità in Egitto e con i nonni paterni.  La cosa non avrebbe molta importanza in fondo per chi non è alla ricerca di gloria ma poiché rischia di compromettere la liberazione del giovane egiziano innocente, diventa urgente e necessario far conoscere la verità. La verità che soltanto l’avvocato del ragazzo può a questo punto far conoscere: l’avv. Carlo Corbucci.

E qual è la verità?

Il bambino è tornato perché l’avvocato Carolina Scarano su incarico dell’avvocato Carlo Corbucci si è recata al Cairo il 25 aprile 2010 per incarico del padre, incarcerato, per preparare il rimpatrio del bambino. L’avv. Scarano tornava il giorno successivo (26 aprile), dopo aver avuto certezza che i nonni e gli zii del bambino avevano garantito la partenza il giorno dopo (27 aprile), come infatti avveniva.

Il giorno 27 aprile infatti i nonni affidano alla hostes della Egyptair il bambino con il suo passaporto che avevano sempre tenuto con sé proprio in attesa dell’occasione in cui dovevano rimandare in Italia il bambino, con l’incarico ufficiale scritto nel foglio di consegnarlo a Fiumicino all’avv. Carlo Corbucci affinché lo consegnasse alla Polizia di frontiera e poi alla madre.

L’avv. Corbucci, poco prima dello sbarco, avvertiva la polizia di frontiera di Fiumicino che era in arrivo il bambino e telefonava di persona alla madre che, sorpresa ed emozionata, sopraggiungeva con la sorella, la zia ed il fratello nell’Ufficio della polizia stessa.

Il bambino giunto e condotto in questi Uffici rifiutava di essere avvicinato da chiunque, madre compresa, che colpiva con schiaffi e si stringeva al collo dell’avv. Corbucci chiamandolo “nonno” (l’avv. Corbucci ha la barba come il nonno paterno) ed invocando protezione.

Non si tratta dunque di un’operazione di polizia ma di una iniziativa dell’avvocato del detenuto concordata con lo stesso e con la famiglia paterna.  Soltanto dopo 4 ore che il bambino era rimasto stretto al collo dell’avvocato accettata di fare primi approcci e i primi giochi con i familiari sicchè l’avv. Corbucci poteva “dileguarsi” da lui senza arrecargli traumi ed uscire dall’ufficio di frontiera. Poco dopo anche i familiari col bambino andavano a casa.

L’iniziativa di recarsi al Cairo e di riportare il bambino su incarico del padre ancora incarcerato era stata preannunciata con atto depositato due giorni prima al GIP dall’avvocato che aveva interrogato il detenuto.

Il biglietto aereo del bambino è stato fatto a Fiumicino il 25 aprile e pagato dall’avv. Corbucci con la sua Carta Visa.  L’avv. Scarano era andata il giorno prima al Cairo esplicitamente per l’operazione; il foglio di affidamento alla hostes della Egyptair reca come destinatario della consegna l’avv. Corbucci.

Si tratta dunque di fatti ed atti certi!

Ma non interessa rivendicare la gloria; preoccupa invece soltanto che si è voluto comunque speculare falsamente su fatti falsi per avere l’occasione di colpire ancora una volta l’Islam ed una certa cultura di integrazione.

Ed ora, caduta la prima accusa che il padre non voleva restituire il figlio perché lo aveva rapito, ecco la verità vera sulle altre accuse:

La madre, quattro mesi fa, insieme al padre è andata al Cairo liberamente e senza alcun inganno. Ha lasciato liberamente ai nonni paterni il bimbo dicendo, sorridente e sotto un’intervista durata 30 minuti, che voleva che crescesse in Egitto con un’educazione rispettosa dei genitori e non sporca come quella occidentale che deride la famiglia. Affermando inoltre che non vuole assolutamente affidare ai suoi genitori il bimbo perchè incapaci di dare un’educazione seria. Aggiunge, tra tante altre cose, che desidera venire a vivere a Cairo con la famiglia del marito che considera sua e con il bambino e che riaccompagnerà in Italia il marito per il lavoro ma poi tornerà a vivere li.

Poi va a Sharm Shaikh tre giorni col marito e torna col marito a Roma.

Tutte le altre accuse sono state strumentali ed inventate dalla madre, sembrerebbe consigliata da due amici della Questura, (un uomo ed una donna) al fine di far scattare la misura dell’arresto e della detenzione ritenendola forse l’unica idonea a convincere con tempestività il padre a riportare in Italia il bambino niente affatto rapito. Il fatto nuovo che ha indotto nella madre il ripensamento? La scoperta che l’egiziano aveva un’altra donna con la quale aveva fatto da un anno un altro figlio: una bambina. Una cosa non bella, certo, che se può anche giustificare il ripensamento e la volontà di riavere subito il bambino non giustifica la montagna di calunnie e di accuse false. Una bega condotta con cattiveria ma che c’entra l’Islam e il velo? Un inciso: nell’intervista al Cairo nella casa dei suoceri, la ragazza parla e ride disinvoltamente, non ha il velo e fuma insieme al suocero alternando risate e ringraziamenti per la disponibilità dei nonni a tenere il bambino.

Chi ha messo in giro la falsa operazione? Forse gli stessi che hanno consigliato di redigere la denuncia in quel modo per accelerare i tempi di rientro del bambino?

Un consiglio che sarebbe costato una condanna a 10 anni e che, comunque., ancora adesso lo mantiene in carcere in attesa dell’esame dell’istanza di scarcerazione avanzata dal difensore sulla base del fatto nuovo e delle prove prodotte.

Non ci interessa il brevetto e il riconoscimento di una inesistente  “brillante operazione”; non ci interessa neppure che la signora venga imputata di calunnia plurima: ci interessa la liberazione di un innocente.

Avv. Carlo Corbucci